Prato, Toscana | Italia
Recupero, riciclo e poi riproduco, anzi, meglio, rigenero: in italiano potremmo dire "rifaccio da capo", ma in Toscana sono più sintetici e dicono semplicemente "rifò"1.
E si chiama appunto Rifò l'azienda toscana che recupera la tradizione di Prato nella lavorazione della lana rigenerata2
e che da qualche anno produce e vende con il marchio "Rifò" non solo maglioni, sciarpe, ponchos e berretti in cachemire rigorosamente rigenerato3, ma anche dal 2019 t-shirt in cotone rigenerato e maglioncini in denim riciclato e rigenerato (una premiére mondiale).
Nata nel 2017, quella di Rifò è una produzione giovanissima, ma le collezioni autunno-inverno in cachemire e le t-shirt in cotone bio rigenerato d'estate riflettono già bene il piglio di un gruppo di lavoro che sembra aver ben chiaro cosa significhi sostenibilità di un prodotto. E che ci tiene a raccontarlo attraverso i suoi capi d'abbigliamento.
Maglioncini e t-shirt raccontano la propria sostenibilità a tutto tondo
Maglioncini in cashmere rigenerato (fonte: Rifò)Infatti, per il team della piccola impresa toscana la sostenibilità di un maglione e di ogni altro capo Rifò non si esurisce nel dichiarare il rispetto per l'ambiente e in generiche affermazioni di essere prodotto in Italia dal frutto del lavoro italiano, etc etc.
Come già da anni "Ragioniamo con i piedi" con le sue scarpe sostenibili ed il suo "progetto ribelle", anche in questo caso chi acquista un capo d'abbigliamento Rifò sostiene una proposta ed una visione ben precisa di come si dovrebbe produrre in senso ecologico e sostenibile, oggi.
Ma non solo: come vedremo, la proposta di Rifò suggerisce una partecipazione più attiva anche a chi fa materialmente l'acquisto.
In effetti, in Rifò hanno deciso da subito di essere anche economicamente sostenibili4 scommettendo sulla pre-vendita5 dei loro capi maglia, perchè soltanto così si riesce ad organizzare una produzione duratura di alta qualità, personalizzata, per piccoli lotti (e con un alto tasso di rotazione del magazzino) e territorialmente localizzata in Toscana.
In altre parole, con un occhio ben attento ai bilanci, in Rifò si stanno impegnando a recuperare la tradizione "sostenibiie" del distretto tessile di Prato6 combinandola alla tecnologia di Internet per coordinare tutta la filiera di produzione e tutte le fasi del processo di acquisto del cliente7 .
Un capo d'abbigliamento rigenerato Rifò racconta perciò anche questo lato della sostenibilità, e fa conoscere nome per nome e ruolo per ruolo le piccole imprese artigiane che realizzano fisicamente i piccoli lotti di maglioncini, sciarpe, guanti, berretti, t-shirt e tele mare nei quali si articola l'offerta di Rifò, non tralasciando neppure chi produce il packaging, a basso impatto, che accoglie t-shirt e maglioncini.
E certo, anche se non mancano le basilari spiegazioni su cosa sia e come avvenga il ciclo di recupero e di raccolta di vecchi indumenti in cachemire non più riparabili o di cascami delle lavorazioni di lana vergine8, accanto alla constatazione di quanti litri di acqua, coloranti e chimica si risparmiano ( -90%), a quanta energia elettrica in meno serva (-77%) e a come si contraggano le emissioni di CO2 (- 95%), nel corso dell'intero processo di ri-produzione/rigenerazione del filato di cashmere, un capo Rifò non manca mai neppure di sottolineare che il 2% del prezzo di vendita on-line è devoluto ad associazioni no-profit impegnate nel sociale nel territorio di Prato.
Come non spezzare il cerchio della sostenibilità: il cliente diventa fornitore
La filosofia circolare (fonte: Rifò)Infine, sul sito dell'azienda toscana non mancano dettagliate spiegazioni su come i capi Rifò interpretano il tema chiave dell'economia circolare9 e su come un capo Rifò "incorpori" anche la parte meno tangibile e dunque probabilmente meno comprensibile della sostenibilità.
Questo è particolarmente vero quando Rifò sostiene che una scelta sostenibile non dovrebbe esaurirsi solo nell'atto di acquistare un prodotto a basso impatto ambientale ed alto impatto sociale.
Così, una sciarpa od un paio di guanti rigenerati Rifò non invitano un potenziale cliente solo alla prova ed all'acquisto: gli chiedono anche di continuare a contribuire a ri-crearne altri. Il cliente diventa soggetto attivo della relazione, diventa anch'esso, dunque, una sorta di fornitore.
Per non spezzare il cerchio dell'economia sostenibile, Rifò propone dunque al suo cliente di preparare i propri indumenti in cachemire per una riparazione, e, se questa non sarà possibile, di permettere di avviarli al successivo ciclo di rigenerazione10 .
La raccolta per la riparazione11 o per il successivo riciclo viene organizzata da Rifò stessa e prevede anche piccoli incentivi, nella forma di buoni sconto sui successivi acquisti.
Se esiste una piccola morale nella fresca storia di Rifò, beh, allora non può che essere che piccole soluzioni locali alle crisi ambientali e sociali sono possibili, qui ed ora, e che possono fare la differenza, se solo lo vogliamo.
Note e fonti
1. Vedi ad esempio https://www.academia.edu/2112188/PER_UN_APPROCCIO_VARIETISTICO_ALLINSEGNAMENTO_DELLITALIANO_A_STRANIERI | torna al testo
2. Sulla lavorazione della lana rigenerata, https://it.wikipedia.org/wiki/Lana_rigenerata, e http://www.cittadiprato.it/IT/Sezioni/117/Il-cardato/ e anche https://ilmanifesto.it/prato-si-riveste-il-cashmere-e-rigenerato/ | torna al testo
3. E non solo: la collezione estiva di t-shirt è in cotone bio e rigenerato, mentre è stata presentato e commercializzato da Rifò anche il primo maglioncino primaverile/autunnale tutto in denim rigenerato | torna al testo
4. La sostenibilità economica è sistematicamente correlata alle dimensioni sociale ed ambientale di ogni prodotto sostenibile: vedi anche madeingaia http://madeingaia.it/it/madeingaia/pensiero-e-azione/49-prodotti-sostenibili-una-questione-di-sostenibile-leggerezza-e-di-misura | torna al testo
5. Il peso della pre-vendita o pre-ordine nel caso delle produzioni in piccoli lotti è un modo per programmare meglio la produzione ma anche per garantire il cliente che otterrà la combinazione di colori/caratteristiche che realmente desidera. | torna al testo
6. Il distretto tessile di Prato durante il 20 secolo si è specializzato nel recupero degli indumenti usati, "i cenci", per recuperarne le fibre tessili e creare nuovi filati rigenerati. L'odea di Rifò è stata di recuperare questa sapienza ed adattarla ai tempi. Dal censimento 2011, https://www.istat.it/it/files/2015/10/I-distretti-industriali-2011.pdf e anche, nello specifico del tessile https://blog.makersvalley.net/produttori/litalia-dei-distretti-tessili. Su Prato poi, http://www.cittadiprato.it/IT/Sezioni/436/DISTRETTO-TESSILE/ | torna al testo
7. Acquistare on-line è tanto più possibile quanto più credibile è il messaggio veicolato dal prodotto e dal sito; in questo senso diffondere informazioni credibili sul processo di produzione è sicuramente un plus https://ilmanifesto.it/prato-si-riveste-il-cashmere-e-rigenerato/ | torna al testo
8. https://it.wikipedia.org/wiki/Lana_rigenerata E' interessante anche notare, sottolinea il Manifesto, che gli indumenti smessi da cui si ricaverà la fibra di cachemire da rifenerare provengono da Europa, Asia e Nord America
"Gli scarti di lana arrivano da Stati Uniti, Nord Europa, Pakistan e India, dove si concentra la trasformazione del cashmere. Provengono dal surplus di produzione o dalla raccolta dei vestiti usati. La lana dei cappellini e delle sciarpe di Rifò, però, è solo quella dei vestiti smessi, raccolti negli Stati Uniti, in Germania, Olanda, Belgio, Svezia e in Italia. Si tratta di scarti che hanno ancora un valore e per le aziende che li lavorano sono a pagamento." citazione da il Manifesto, Marta Gatti, Prato si riveste, il cashmere è rigenerato su https://ilmanifesto.it/prato-si-riveste-il-cashmere-e-rigenerato/ | torna al testo
9. https://www.economiacircolare.com/rifo/ e sul loro punto di vista circa l'economia circolare, vedi | torna al testo
10. La soluzione sta nel riutilizzare degli abiti che altrimenti finirebbero in una discarica o in un inceneritore, ma questo non basta.
Per noi la moda sostenibile prende forma nel creare una relazione o un sentimento verso quello che indossiamo: non dimenticarlo, non buttarlo via, cercare di ripararlo, riadattarlo ad un uso diverso.
Un po’ come si faceva un tempo col maglioncino della nonna a cui si era talmente affezionati che pur di non buttarlo via lo riparavamo con delle toppe.
Quando la riparazione non è più possibile allora possiamo riciclare il nostro indumento per dargli una nuova vita, perpetuando così il suo ricordo.
Oggi purtroppo questo legame con gli indumenti si è in parte perso, abituati come siamo a sostituire immediatamente qualcosa di rotto con un prodotto nuovo, rinunciando quindi ad affezionarcisi. | torna al testo
11 E' singolare ma non meno bello notare come un gruppo di lavoro di poche persone sia perfettamente in sintonia come un colosso dell'abbigliamento del calibro di Patagonia, che ha avviato da tempo la possibilità di ritirare e riparare i vecchi capi di abbigliamento, oltre a un'iniziativa sul campo, che prevede di far viaggiare nelle più famose località sciistiche europee un furgone Patagonia attrezzato per le riparzioni sul campo ( da sci, in questo caso). Pagaonia ha perfino in piedi una partnership con iFixit per https://it.ifixit.com/Patagonia formare i suoi clienti alla sottile arte del recupero e della riparazione fai-da-te dell'apparentemente irriparabile. | torna al testo